I Vincitori della Quarta Edizione del Premio "Fino in Fondo"
La commissione esaminatrice della quarta edizione del premio «FINO IN FONDO», costituita da:
Davide Gorga, poeta
ha valutato le opere pervenute designando i seguenti vincitori:
Francesco Paolo Dellaquila, poeta
Elisabetta Vatielli, poetessa
Arianna Saggio, giornalista
Marinella Linardos, in rappresentanza della Susan G. Komen Italia
«L’ultimo Olocausto»
Pioveva cenere sulle povere membra nei loro brandelli di vita passata ed era un giorno qualunque non meno triste di ieri. Calava il buio della notte su quegli occhi stanchi di sbirciare attraverso quel muro cercando il calore di un tempo. L’aria era piena di fogli sgualciti mentre il vento trascinava delle anime confuse e ribelli, raccontava di giorni intrisi di pioggia e di storie di fiumi e montagne, di vicende passate e presenti che correvan veloci alla meta. Pioveva cenere e la notte scendeva per sempre: non si udivano suoni sul terreno ovattato del nulla. Poi il morbido odore di vita bruciata: ora tutto è compiuto, solo pianto di stelle, solo attendere, attendere in vano. Lucia Lo Bianco
«La città che ribolle»
Sento il rombare dei motori dalla finestra aperta E friniscono le cicale mentre Roma brilla Stamani vedevo montagne e alberi silenti Il mare carezzava i trabocchi relitti fluttuanti Ridente l’acqua e calda Cantano i sassi travolti dalle onde Si fonde il sale con la mia pelle Polvere d’acqua sul velo dei miei pensieri Un glicine avvinghiato ad un lampone In un nodoso e caparbio abbraccio Mentre nella piazza di Sulmona un gufo M’osserva quieto con occhi sagaci. Inés Rodrigues Miracle
«Lascia che sopravviva la speranza»
Tra le tue braccia si nasconde il tempo s’arroccano morenti le stagioni ed il timore di guardarti intorno non argina la forza della vita che erompe dal tuo cuore travolgente. Si annullano impietose le distanze tra i tuoi sorrisi brevi e i lunghi pianti che inondano di lacrime e vergogna le piazze vuote, candide e solenni di questa stolta e assurda civiltà. E nulla può lenire il tuo dolore piovuto come un dardo nei tuoi occhi all’improvviso senza una ragione cieco e crudele per la cieca sorte. Le tue parole sono fiamme ardenti, scavalcano le mura del cinismo e come onde intrise di coraggio cancellano i deserti di paura. Ma quanto sarà lunga la tua notte, dolente e triste come una vendetta, se non verranno leste in tuo soccorso le lunghe ali della compassione? Lascia che sopravviva la speranza al dolce desiderio di sparire nel fuoco delle latebre infernali. Vedrai che tornerà la primavera a sciogliere nell’anima il tuo gelo e ad annegare viva anche la morte. Vittorio di Ruocco
«Vivi»
È sceso il buio, ma non è tempo di mollare. Va’ avanti, anche se il vento forte della tristezza soffia sulla pelle, per bruciare. Stringi i pugni, stringi i denti, continua a percorrere il sentiero della vita, anche a lampioni spenti. Lui c’è, lui ti osserva e la mano ti tenderà quando cadrai, la sua mano sarà il tuo ricordo, il bene che provi, che nessuno ti può strappare mai. Francesco Petruzzelli
«Autunno»
Il viale del tramonto a grandi passi ormai io l’attraverso disilluso, un tappeto di foglie ricopre la mia vita e inutilmente provo a calpestarle per rendere più facile il sentiero. Sono lontani gli amori adolescenti, le lotte per un mondo senza guerre ho cessato da tempo di combatterle e troppe nuvole ci sono nel mio cielo. Inesorabile l’autunno sta arrivando, con fatica io dovrò affrontarlo rimanendo nascosto come i bucaneve, provando ad avere ancora il desiderio di spuntare sui prati, a primavera. Continuerò così Il cammino sulle impervie salite della mia esistenza. Enzo Gaia
«La leggerezza della superficie»
Ho resistito fino in fondo, fino all’ultimo centimetro di noi, e nonostante la forza che ho dovuto trovare per camminare su vetri affilati sepolti sul letto della nostra fine, io lo rifarei di nuovo, toccherei ancora una volta il fondo, per noi. Nonostante la nebbia dilatata sempre più pungente In ogni meandro del corpo, io lo rifarei. Nonostante l’assenza e il silenzio fermi sul palco della nostra vita allo spegnersi dei riflettori, io lo rifarei. Nonostante i tuoni che avanzano lenti nella notte opprimendomi tra le braccia, nonostante la solitudine e lo sconforto d’essere l’unica reduce di questa guerra, io lo rifarei, perché credo che a questo mondo non ci sia dolore più grande che convivere per il resto dei propri giorni con il rimpianto di non aver combattuto abbastanza, di non aver resistito fino in fondo, fino al più impercettibile atomo di tempo, per cercare di soffocare il tramonto di un amore che non si merita di morire schiantandosi grave nella leggerezza della superficie. Aria Rebeca Nannizzi